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Red Light Therapy: biohacking con la luce

red light therapy filippi

DI COSA SI TRATTA?

La fotobiomodulazione (PBM – photobiomodulation) o Red Light Therapy è un meccanismo di biohacking. Altro non è che l’applicazione di risultati scientifici per modificare la chimica e la fisiologia di una persona.

Gli studi dimostrano sempre più come l’esposizione alla luce influenzi i meccanismi del corpo umano; quindi il suo utilizzo, affiancato ad altre buone pratiche, risulta fondamentale per generare influenze positive sulla salute.

Dunque, un’adeguata esposizione alla luce del sole, uno stile di vita attivo e una sana alimentazione possono essere affiancate dalla red light therapy o fotobiomodulazione, metodo sempre più condiserato nelle applicazioni pensate per migliorare la salute delle persone.

IN COSA CONSISTE LA RED LIGHT THERAPY?

red light therapy - led

I dispositivi per la Red Light Therapy sono delle lampade che emettono luce rossa ed infrarossa a frequenze tollerabili e non distruttive per l’organismo e le sue cellule.

Ecco le caratteristiche della lampada:

  • Una serie di LED assemblati ad inclinazioni differenti per permettere un maggiore irraggiamento della luce;
  • I LED presentano differenze nel wattaggio: possiamo trovare un LED centrale da circa 200W e dei LED ausiliari da circa 3W ciascuno;
  • Le frequenze sono impostabili su differenti lunghezze d’onda: 630-670-830 nm.
red light therapy - wavelenght

La luce rossa stimola la produzione dell’adenosintrifosfato (ATP), il carburante delle attività cellulari.

L’amento della produzione di ATP porta le cellule ad avere maggiore energia che permetterà di svolgere al meglio:

  • Funzioni specifiche;
  • Riparazione;
  • Replicazione.

Conseguentemente il miglioramento delle funzioni cellulari determina una stimolazione nella produzione del collagene e un aumento della capillarizzazione. Tutto ciò innesca un effetto a catena che può migliorare notevolmente la salute generale dell’organismo.

IL MECCANISMO ALLA BASE DELLA RED LIGHT THERAPY

(un po’ di teoria per i più appassionati)

Tra chi ne nega l’utilità e chi non ne comprende i meccanismi, ecco che la ricerca scientifica arriva in soccorso per spiegare meglio la fotobiomodulazione:

Il famoso citocromo C ossidasi (complesso IV), ultimo complesso enzimatico della catena di trasporto degli elettroni, NON è il principale deputato all’assorbimento della luce rossa ed infrarossa, e pertanto NON è grazie a questo meccanismo che si spiegano gli effetti benefici dell’utilizzo di queste lunghezze d’onda.

Essendo l’acqua un elemento fondamentale per l’uomo (sappiamo che la maggior parte del citosol di una cellula è costituito da acqua al 70%) i ricercatori hanno deciso di studiarne le proprietà, arrivando alla conclusione che l’acqua interfacciale svolge un ruolo principale nel processo della fotobiomodulazione.

I fotoni rossi e infrarossi interagiscono con l’acqua interfacciale nanoscopica che consiste in 2-3 strati di molecole di acqua altamente strutturata. Questa interazione ha due impatti importanti:

  • Cambiamento della densità dell’acqua;
  • Riduzione della viscosità dell’acqua.

Attraverso il cambiamento delle proprietà dell’acqua che corrisponde alla maggior parte della composizione del nostro corpo, la PBM riesce a ripristinare una corretta omeostasi relativa alla produzione di ATP e alla concentrazione delle specie reattive dell’ossigeno (ROS), bilanciamento cruciale per la salute dei tessuti.

È stato visto che le proprietà di strutturazione dell’acqua si sovrapponessero con le frequenze utilizzate per la fotobiomodulazione: 630-670-830 nm e questa non può essere una coincidenza.

Quindi la spiegazione con il citocromo C ossidasi è ormai una teoria inadeguata sia dal punto di vista logico che empirico.

LA RED LIGHT THERAPY FUNZIONA?

Mi sono posto anch’io questa domanda quando ho sentito parlare per la prima volta della Red Light Therapy.

Però, quando una terapia è supportata da centinaia di revisioni scientifiche, studi e trials clinici e in più questi studi ne garantiscono la sicurezza e l’efficacia, la risposta diventa una sola: .

La fotobiomodulazione riguarda un varietà di campi di applicazione tra cui:

  • Recupero muscolare;
  • Incremento delle cellule staminali
  • Diminuzione dei tempi di guarigione delle ferite;
  • Sollievo dal dolore;
  • Salute delle ossa, dell’apparato riproduttivo maschile, della vista;
  • Miglioramento di alcune funzioni tiroidee;
  • Condizioni degenerative e metaboliche;

Molte di queste applicazioni sfruttano la mutua relazione tra stimolazione mitocondriale della sintesi di ATP e la riduzione delle specie reattive dell’ossigeno (ROS) nelle cellule soggette a stress ossidativo.

PBM e SPORT

Il trattamento a luce rossa e infrarossa si è rivelato un coadiuvante molto importante per incrementare la performance atletica, il recupero muscolare, la salute mitocondriale e promuovere ipertrofia e iperplasia.

Secondo alcuni studi, al fine di ottenere i massimi risultati è meglio effettuare un trattamento 6 ore prima dell’attività fisica.

Non meno rilevante inoltre risulta l’utilità del trattamento post attività fisica. Come spiegato precedentemente, infatti, la terapia è utile a migliorare il recupero riducendo lo stress ossidativo, grazie alla ricarica di glicogeno e ATP e alla stimolazione del metabolismo mitocondriale.

CONCLUSIONI

Nonostante la comprovata efficacia e la sicurezza della fotobiomodulazione, insieme all’importanza di uno stile di vita attivo, dell’alimentazione e dell’integrazione, sappiamo che tutte queste pratiche hanno poco senso se il programma di allenamento risulta, in definitiva, scadente.

Come al solito la pillola magica non esiste e per ottenere risultati ottimali è necessario un approccio a 360°.

In conclusione, non ci stancheremo mai di ripetere che un approccio integrato è fondamentale e che ogni essere umano è un sistema complesso e interconnesso e, dunque, come tale va guardato!

Se desideri saperne di più o farci delle domande scrivici qui!

Articolo a cura di

Riccardo Filippi Redazione Fit Lab

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